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L’ex Ruby, Karima El Mahroug: “Non ho preso i milioni di Berlusconi, non lo sento ma gli vorrò sempre bene”

L’ex Ruby all’attacco col suo libro: “Non sapevo di chi fosse Arcore, ero l’unica disinteressata”

Dario Freccero
Aggiornato alle 4 minuti di lettura

Karima el Mahroug

 (ansa)

Milano – «Basta etichette, voglio la mia vita indietro». Mercoledì l’assoluzione del processo Ruby Ter, ieri il bagno di folla di giornalisti per presentare la sua autobiografia-verità “Karima” (scritta con la giornalista Raffaella Cosentino). Karima El Mahroug non si fa più chiamare “Ruby”, oggi ha 30 anni, una figlia quasi adolescente, un compagno e un ristorante a Genova Albaro (“Life”). Ha anche una bellezza più matura ma che continua a colpire. E discreta malizia. Per dire: quando autografa il suo libro scrive nella dedica “abbi cura di me” perché si ricorda che in questi 13 anni le sono mancati soprattutto alleati che la proteggessero dal “circo mediatico”.

Karima, perché questo libro?

«Per chiedere che il marchio che mi è stato dato, la prostituta minorenne, cessi di esistere così come Ruby, un personaggio inventato, travisato, che non sono io».

Con l’assoluzione è tutto finito, c’era bisogno del libro?

«Certo, perché la mia è una storia complicata e solo conoscendola si può capire tutto. Ho regalato una copia al pm Siciliano per questo: desideravo che conoscesse anche Karima, non solo la Ruby degli atti. Altri magistrati non sono stati così aperti verso di me».

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Tipo chi?

«Ilda Boccassini. Quando le diedi la mano in tribunale, lei la tirò indietro. Mi chiesi quel giorno: ma non siamo tutti uguali di fronte alla legge? Sospetto avessero già deciso tutto sul mio conto, per loro ero appunto una prostituta minorenne. Questo libro è stato curativo: per scacciare demoni fuori ma anche dentro di me».

Un passo indietro: davvero non sapeva di chi fosse la villa di Arcore, quel San Valentino 2010?

«Non lo sapevo, avevo 17 anni, venivo da una vita persa fatta di comunità e panchine per strada. Non sapevo nulla di politica, per me andavamo a una festa in villa e stop».

L’avrà capito all’istante che era di Silvio Berlusconi.

«Neppure questo. Io in quella persona (Berlusconi) non ho visto subito il politico o il potere, ho visto ciò che cercavo in quegli anni disperati: la possibilità di essere aiutata».

Berlusconi l’aiutava?

«Diciamo che non sentivo di essere usata da lui come un pezzo di carne, e sapevo cosa significa essere trattati così. Dal presidente non ho mai percepito l’interesse squallido, infatti ci sono tornata più volte».

Tornasse indietro ci tornerebbe ancora?

«Dopo l’inferno che è scoppiato, e con la testa di oggi, non lo rifarei. Ma all’epoca avevo 17 anni, non capivo nulla».

Nel libro racconta di altre ragazze di Arcore «molto avide», e di sentirsi diversa.

«Infatti mi chiamavano zingara. Io ero diversa anzitutto per l’età, più giovane. E poi non sapevo nulla, non ero preparata. Infatti non ho fatto tv, né politica, né chiesto un lavoro. Loro sognavano quello».

L’ha sentito Berlusconi dopo l’assoluzione?

«No, gli ho voluto bene ma ora non abbiamo rapporti. La nostra frequentazione è avvenuta per sei serate 13 anni fa, non una cosa recente».

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Però ne parla molto bene.

«Mi sono sentita rispettata da un uomo importante. Poi dopo quell’inferno la mia salvezza è stata crearmi una famiglia e isolarmi. Non posso giurare di non parlargli più ma al momento non è successo».

Che vita conduce oggi?

«A Genova, sto con Daniele, da 8 anni e mezzo, ho una bimba di 11, un ristorantino piccolo ad Albaro che mi trasmette serenità. Piccolo, non iniziate a dire “figo” che poi viene sicuro fuori qualcuno che sospetta “ecco come ha usato i milioni”. E’ piccolo ma arriva gente amica che mi conosce e mi rispetta, mi sento in una dimensione mia. E’ una liberazione».

In che senso?

«Porte chiuse in faccia ne ho ricevute tante in questi 13 anni, quando mi proponevo per lavori normali ero “la prostituta minorenne”. È stato pesantissimo sentirsi scacciata».

E i milioni che Berlusconi dicono le abbia versato?

«Ieri sono stata assolta e mi continuate a chiedere di Ruby e di presunti milioni? Non ho ricevuto milioni, sono stata assolta, se li avessi ricevuti sarei andata all’estero. Da anni nessuno mi ha mai chiesto come sto, solo sta storia dei soldi».

Aveva 17 anni ad Arcore e ne dichiarò di più, Berlusconi poteva essere suo nonno. Non era in imbarazzo?

«No, gli sono grata della generosità. Mi capita di parlare con persone per strada che ti guardano dall’alto in basso facendoti sentire il nulla. Lui era presidente ma interessato alle mie idee, a ciò che pensavo».

Perché dice questo libro è “riparatorio”?

«Perché finalmente mi consente di raccontare una mia storia che inizia nel 1992 quando sono nata, non il 14 febbraio 2010 della prima cena. Le storie vanno inquadrate».

E perché l’ha autoprodotto, non c’era un editore interessato?

«Ho scelto di farlo con Amazon e non con editori, è una scelta libera. C’è coraggio anche in questo, come scriverlo prima di sapere come sarebbe finito il processo, che per fortuna è finito bene».

Nel libro racconta un terribile rapporto con suo padre.

«Confermo, ho subito violenze, sevizie, avevo il terrore. È’ uno dei motivi per cui sono scappata di casa e poi da 18 comunità. Ricordo che mi picchiò per una pagella positiva perché una femmina non può avere ambizione. Non si può capire cosa ho subito. Ma oggi, dopo anni di analisi, ho vomitato il demone e l’ho perdonato. Non l’avevo mai chiamato “padre”, ora sì. Per questo il libro è stato curativo».

Come ha vissuto tutti questi anni dei processi “Ruby”?

«La parte processuale è stata faticosissima. All’inizio pensavo “durerà poco”. Mi riferisco all’epoca della nipote di Mubarak, del Bunga Bunga. Poi passavano i mesi, gli anni, e non finiva mai. Avevo sottovalutato i personaggi coinvolti e il relativo circo mediatico».

Cosa le ha fatto più male?

«Il marchio di prostituta: non lo sono mai stata, avrei potuto, non l’ho mai voluto. E anche l’accusa di corruzione, che ora finalmente è decaduta. Dove sono sti milioni?».

Già, dove sono?

«Secondo voi una ragazzina era in grado di farli sparire? Ripeto, sarei andata via. Non li hanno trovati. Finiamola».

Cosa ricorda dei mesi post “Bunga bunga”?

«Che scendevo di casa e trovavo nelle edicole solo foto mie e sentivo la gente che mormorava ovunque, gli stessi amici con cui mangiavo sapevo che avrebbero parlato di me appena me ne sarei andata. Mesi, anni pesantissimi».

Pensa di essere stata una vittima?

«Non mi sono mai considerata tale, non fa parte del mio carattere. Però mi hanno voluto mettere in mezzo. E penso che se non fosse capitato a me ma a un’altra più fragile oggi magari si sarebbe suicidata».

Se si guarda indietro?

«Vedo una ragazzina che ha vissuto in strada e fatto tanti errori, che ha detto anche bugie per sopravvivere, camminato sull’orlo di un burrone. So da dove vengo, conosco la mia storia, e vorrei essere grata per tutto, il male e il bene. Grata lo sono di sicuro per la donna che sono diventata».

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